Esiste un tipo di violenza subdola, sottile, nascosta, difficile da riconoscere ma molto pesante: è la violenza psicologica che intacca ogni certezza e ogni sicurezza della persona che la subisce. Fa parte di questo tipo di violenza un comportamento che oggi viene chiamato “gaslighting”, ossia l’atteggiamento manipolatorio delle persone che, attraverso il loro modo di fare, fanno dubitare le vittime della propria sanità mentale, del loro esame di realtà e della loro capacità di valutazione. Le vittime iniziano a sentirsi sempre più confuse e dipendenti, tanto a volte da pensare di essere diventate pazze. E’ proprio una sorta di lavaggio del cervello di cui la vittima non riesce ad avere consapevolezza.
E’ una dinamica relazionale che si riscontra di solito nei rapporti di coppia ma può svilupparsi anche in altri ambiti come quello familiare, lavorativo o amicale. L’obiettivo del gaslighter (ossia colui che si rende protagonista di questo comportamento di abuso) è quello di privare la vittima della sua autonomia, della sua autostima e della sua capacità di prendere decisioni, riducendola ad una condizione di dipendenza sia fisica che psicologica, esercitando e mantenendo su di lei controllo e potere. Il gaslighter la svaluta di continuo sia in pubblico che in privato con il fine di umiliarla. La vittima piano piano si sente sempre più soggiogata e questa sensazione alimenta una circolarità perversa nella quale sente sempre di più la necessità di rinforzare il suo legame con il carnefice.
Più si sente svalutata, più sente di valere poco e più sente di avere bisogno lui che, sempre all’interno di un circolo perverso, viene dalla vittima idealizzato e quindi visto come potente e sicuro. In questo modo si alimenta la spirale della dipendenza: la vittima che si sente così vulnerabile e insicura ha sempre più bisogno del suo carnefice e questo aspetto pone le basi perché possano continuare i comportamenti manipolatori del carnefice verso la vittima. Questo meccanismo caratterizza molte relazioni patologiche che fanno riferimento alla dipendenza affettiva. Nella coppia si iniziano a verificare fatiche a livello comunicativo: il gaslighter inizia a confondere la vittima, la mette in uno stato di continuo dubbio. Quest’ultima non capisce bene che cosa stia succedendo: non crede a quello che accade né a quello di cui il suo carnefice la vorrebbe convincere, non riesce a trovare parole per capire quello che sta accadendo. La vittima poi di solito inizia ad arrabbiarsi: vuLaole fare chiarezza, si attacca alla realtà e cerca di convincere il gaslighter che quello che lui sostiene non sia vero. La vittima poi di solito entra in forte difficoltà, si convince di essere sbagliata e accetta la visione delle cose proposta dal gaslighter come unica realtà possibile. Inizia a sentirsi profondamente insicura e dipendente. Qui la perversione relazionale raggiunge l’apice: la vittima si convince che il suo carnefice abbia ragione, che le sue azioni e i suoi pensieri siano adeguati e che sia lei ad aver sbagliato tutto. La vittima diventa così dipendente dal suo aguzzino.
Le persone che mettono in atto questi comportamenti attaccano la fiducia e l’autostima dell’altro rafforzando la convinzione che il legame di dipendenza che l’altro ha nei loro confronti sia insostituibile. La perversione diventa allora la modalità unica di stare in relazione nella quale il potere, il dominio e il controllo sull’altro ne divengono i capisaldi. Le persone che mettono in atto dinamiche tipiche del gaslighting presentano alcune caratteristiche specifiche di personalità così come le loro vittime: fattori come una già scarsa autostima, vissuti di insicurezza e una propensione alla dipendenza sono elementi che possono favorire l’inizio e il mantenimento di situazioni di violenza psicologica, soprattutto se la vittima ha subito pregresse esperienze di maltrattamento e abuso. In questi casi è più probabile che possa realizzarsi quell’epilogo apparentemente paradossale per cui, spogliata delle sue residue capacità di resistenza e completamente alla mercé del suo aguzzino, la vittima lo riconosce come unico sostegno e fonte di protezione, rinforzando sempre di più le maglie della sua catena psicologica di traumi che si ripetono.
Il gaslighting può essere quindi considerato una perversione relazionale basata sulla manipolazione psicologica, nella quale si realizza un incastro tra la personalità del gaslighter e i punti deboli della sua vittima. Dal punto di vista giuridico è possibile considerare il gaslighting una vera e propria forma di abuso psicologico in quanto il tipo di comportamento messo in atto è un sistematico attentato volto a corrodere la realtà della vittima, negando fatti, eventi e cose dette al punto da mettere in serio pericolo il benessere emotivo e psicologico di quest’ultima. Proprio per quanto detto finora è difficile che chi è vittima del gaslighter si renda conto della situazione perversa in cui vive e chieda aiuto, più spesso la richiesta di aiuto o la capacità di far “aprire gli occhi” alla vittima arriva da chi le sta intorno, altri familiari, amici o colleghi. È importante rompere l’isolamento della vittima ed interrompere le dinamiche violente. È allora che può e deve iniziare il percorso di ricostruzione dell’ identità, della fiducia e del senso di sé che porta la vittima a liberarsi da una relazione perversa e dolorosa.